lacirignola Lucia


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Il corpo solitario, l'autoscatto nella fotografia Contemporanea
31/10/2011
Si parte dal proprio corpo come elemento primario di sé e, soli con se stessi, si ricerca una rappresentazione che può essere "reale" o "possibile", tragicamente data o felicemente ipotizzata. Per "autoscatto" si intendono tutte le forme possibili con cui questo può realizzarsi: dall'autoscatto vero e proprio (con il temporizzatore, con la macchina fotografica in mano, con il flessibile, con il telecomando) alla fotografia realizzata da un assistente il cui compito è meramente esecutivo; così possiamo usare molte definizioni, per le realizzazioni ottenute con questa tecnica che è anche una poetica, come "autoritratto", "percezione di sé", "identità", "allo specchio", e molte altre, per quel concetto di "autorappresentazione" che l'artista, da sempre, ha tentato. La pratica dell'autoscatto è enormemente diffusa fra artisti-fotografi di tutto il mondo, soprattutto negli ultimi anni, che, al di là delle differenze, anche anagrafiche, hanno tutti un notevole curriculum artistico e professionale di livello internazionale. È caratteristica dei nostri tempi l'apparizione di un modo nuovo di riflessione sulla propria identità, sul proprio corpo, sulla conoscenza di sé. Finito lo "scandalo", finita la necessità ontologica di una autodefinizione, l'artista ha cominciato a indagare su se stesso come oggetto di conoscenza, da un lato, e come soggetto di narrazione, dall'altro: la metodologia dell'autorappresentazione è apparsa la più funzionale e la più appropriata per simili operazioni; la stessa componente narcisistica, certamente presente, assume un valore diverso se leggiamo il mito greco non come esempio di futile vanità (Narciso muore affogato o di consunzione, a seconda delle versioni, perché innamorato di sé) bensì come esemplificazione dell'operazione del conoscere, cioè il percepire l'altro da sé (ciò che sta davanti al soggetto conoscente) e comprenderlo (che, etimologicamente, significa "prendere insieme", "afferrare"), per cui Narciso muore nel tentativo di "afferrare" la sua immagine "riflessa" sull'acqua proprio per conoscere se stesso, cioè con l'"autoriflessione", e si consideri che possiamo conoscere la parte più significativa del nostro corpo - il volto - solo con lo specchio, che ci "riflette": con il mito di Narciso si evidenzia che il desiderio di conoscere comporta rischi estremi, fino alla morte, come insegna anche l'altro grande mito sulla conoscenza, l'Ulisse dantesco. È evidente che in questa odierna società, sempre più spersonalizzata e basata sull'immateriale, il percorso di riappropriazione non può che partire da se stessi e dal proprio corpo: l'autorappresentazione, quindi, permette di evitare mediazioni, funziona come "specchio". Molti artisti, uomini e donne, tengono in alta considerazione l'intimità, la riservatezza, l'immediatezza, il pudore. L'autorappresentazione permette all'artista di unificare soggetto ed oggetto senza mediazioni. Questi artisti si caricano di una responsabilità, etica ed estetica, maggiore e con una dose assai più ampia di rischio: ma la sfida crediamo, come si può vedere anche in questa mostra, ha dato risultati assai interessanti. Il libro esamina più di 700 artisti che lavorano con la tecnica dell'autoscatto fotografico, dagli anni '70 ad oggi, in 424 pagine a colori con circa 2000 immagini fotografiche


Performance
22/11/2011
Performance presso Il vicariato di Pietrarubbia in occasione della collettiva T.A.M.


Performance
18/05/2011
Il corpo è il nostro palcoscenico teatrale sul quale, raccontare la nostra personale storia o esprimere un concetto, quindi la mia opera nasce da una mia ossessione: il parto della creatività . Il corto proposto nasce dall'esigenza di voler documentare una Performance, in cui indosso un gioiello scultura di mia creazione; una cintura della creatività composta da tanti moduli rappresentanti la forma dell'utero. Questo ornamento, collocato sopra gli organi ricettivi della riproduzione, sottolinea fisicamente l'area del basso ventre, parte del corpo che volevo mettere in risalto ed estendere, perché sede della vita e dalla nascita. Durante la performance/rito, dopo un percorso di distacco dal frenetico e pretenzioso sistema, segue la fase di riflessione, dove mi inginocchio sulla fertile terra delineando la mia aria interiore, nella quale scavo una buca "ricercando" la conciliazione col mio vero io. Il mio corpo è ancora troppo pesante, mi ostacola, ma io continuo la mia ricerca, per poi lasciarmi avvolgere nel grembo della terra e rinascere sottoforma di sogni. A sottolineare il passaggio del mio corpo avvenuto durante il rito di transizione, nella buca rimarrà solo il gioiello. La performance perciò simula un percorso di rinascita (infinita) interiore ed esorcizza la sterilità delle idee, tornando alle origini, simbolicamente rappresentate dalla fertile terra.


 
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