presentazione
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"L’artista attraversa, con linguaggio multicolor, un tempo che retrocede fino a richiamare l’eco profonda mediterranea della Grecìa salentina, e quella Grecia dotta alla ricerca del lògos primordiale. Compaiono a popolare le superfici pittoriche, come riverberi dell’"oltre" decori e divinità maschili e femminili: dalla Dea dei serpenti al Principe dei gigli, dallo Zeus dell’Artemision al Kouros del Sunio , dagli arabeschi bizantini alle linee neogotiche che evocano esotiche silhouettes fluttuanti in un singolare spaccato tra archeologia e folklore. Un antico filtrato e rimeditato dal pittore attraverso similitudini tra il vero e il metafisico, tra l’unità razionale dello spazio e l’irrazionale, scaturito dal fantastico, dal meraviglioso incanto per ciò che non si è vissuto: per questo diventato oggetto mitopoietico, cioè capace di generare "oltre" se stesso una nuova esistenza estetica. L’artista interagisce con la bellezza infranta e solitaria dopo la guerra, il progresso, la sistematica distruzione nel nome del nuovo. La pittura di Fabio Greco si fa interprete e affabulatrice intimista del recondito. Colori pregiati nella loro alchimia, laccati, orchestrati per intuizioni temporali: dal primitivismo, alla grecità, al medioevo-gotico in una continuità "oltre" il tempo e lo spazio, "oltre" il canone dell’unità prospettica a favore della simultanea ponderata coerenza concettuale." (Citazione parziale della recensione di Maria Grazia Martina, 2017). "La pittura ha toni accesi, i soggetti fanno riferimento alle opere delle antiche culture del Mediterraneo, quella minoica e quella greca ma le sue tele sono popolate anche da figure schematiche che sono soprattutto segni dell’omologazione dell’uomo contemporaneo. Quello che l’artista rivela è il bisogno di cogliere l’essenza più profonda delle cose, un una costruzione di spazi metafisici..." (Citazione parziale della recensione di Marinilde Giannandrea, Quotidiano di Puglia 2017). |
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